Il piano dell’Asl finisce davanti alla Consulta

Da “Il Centro del 22 aprile”

Respinto ricorso del centrosinistra contro l’Atto aziendale, ma il Tar solleva vizi di legittimità

 

CHIETI. Respinto dal Tar dell’Aquila il ricorso contro l’Atto aziendale dello scorso dicembre firmato dal manager Francesco Zavattaro, che tagliava una ventina di reparti nella Asl Chieti-Lanciano-Vasto. Battuta d’arresto per il centrosinistra di Guardiagrele, che con nove ricorsi contro tutti i provvedimenti di riduzione della sanità abruzzese lanciati dal commissario Gianni Chiodi e dalla sua vice Giovanna Baraldi, a partire dal Programma operativo 2010 che chiudeva cinque ospedali, ha dichiarato guerra totale al nuovo assetto della sanità voluto dal centrodestra. Ma l’avvocato e consigliere Simone Dal Pozzo non parla di sconfitta. E dopo l’annuncio di «un appello al Consiglio di Stato che verrà notificato entro una settimana», parla dell’ordinanza del tribunale amministrativo aquilano, appena depositata, come «tappa fondamentale della battaglia, in quanto emerge che l’Atto aziendale emana dal Programma operativo già dichiarato nullo e, soprattutto, da un decreto legge, il famoso decreto 98, fortemente sospettato di incostituzionalità, tanto che lo stesso giudice amministrativo ha già rinviato gli atti alla Corte costituzionale». Niente sospensiva, ma c’è però attesa per il giudizio della Consulta, interessata dallo stesso Tar del capoluogo a proposito del caso Tagliacozzo, sulla chiusura dell’ospedale impugnata dal Comune della provincia aquilana. Dal Pozzo si riferisce al decreto poi convertito in legge dello Stato lo scorso luglio, con cui il governatore-commissario Chiodi volle mettere in cassaforte, al riparo da ricorsi amministrativi, il suo programma di tagli. Provvedimenti motivati dalle esigenze del piano di rientro della sanità abruzzese dal buco di oltre 3.500 miliardi delle vecchie lire accumulato nella prima metà dello scorso decennio. «Tecnicamente l’ordinanza», osserva Dal Pozzo, «sebbene di rigetto della sospensiva, chiarisce che l’Atto aziendale di Chieti è fortemente a rischio, poiché è chiaro che nel momento in cui, come crediamo, il Programma operativo sarà annullato anche dalla Corte costituzionale, l’atto aziendale sarà travolto per un effetto a cascata, e con esso tutti gli atti che ne sono la conseguenza. È ovvio che, stando così le cose», prosegue Dal Pozzo, «non ci resta altra scelta che tornare al Consiglio di Stato confidando nel fatto che l’Atto aziendale venga sospeso e, contemporaneamente, si chieda il giudizio della Corte Costituzionale». Nella sua analisi dell’ordinanza, il consigliere e avvocato fa notare che «vi si legge un dato estremamente interessante quando si sostiene di non poter sospendere l’Atto aziendale non perché non sia grave il pregiudizio rappresentato dalla chiusura dell’ospedale di Guardiagrele, ma soltanto per il fatto che, in questo modo, ci troveremmo di fronte a una sospensione di un provvedimento legislativo». Caso unico tra i cinque ospedali barrati da Chiodi nel suo programma, l’ospedale guardiese rimane aperto per la sequenza di sentenze favorevoli di Consiglio di Stato e Tar pronunciate nel 2011. «E’ evidente ancora una volta», spiega Dal Pozzo, «che la lunga battaglia legale ingaggiata sin dal luglio 2010 è una azione a difesa della sanità pubblica dell’intera provincia teatina, a cominciare dal clinicizzato di Chieti che da tempo mostra i segni di una scellerata politica di tagli alle strutture sul territorio. Il Santissima Immacolata è solo un aspetto del problema, e soltanto la logica del sistema e dell’integrazione è quella vincente per salvaguardare la nostra salute».

di Francesco Blasi

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