PESCARA. Un laboratorio di integrazione, convivenza e accoglienza dei migranti all’interno di uno dei borghi più belli d’Italia. È la ricetta di Simone Dal Pozzo, sindaco di centrosinistra di Guardiagrele, in provincia di Chieti, che dal luglio 2017 ha deciso di andare oltre la semplice distribuzione di pasti caldi e alloggi ai 60 richiedenti asilo e immigrati regolari, tutti uomini, presenti sul territorio.
Come funziona il modello Guardiagrele?
«Da quando abbiamo attivato il progetto Sprar ci siamo fatti carico della gestione dell’immigrazione. Abbiamo coinvolto gli ospiti in una serie di attività gestite con Comune, scuola e associazioni, attivando percorsi per l’inserimento nel mondo del lavoro, iniziati con gli stage che poi si sono trasformati in assunzioni in una pizzeria e in un’industria alimentare, oppure facendoli collaborare per il mantenimento del decoro urbano e dell’illuminazione pubblica. In cantiere c’è il recupero e l’adeguamento dell’ex mercato coperto, una struttura comunale destinata all’abbandono, che noi intendiamo trasformare in un centro polifunzionale per l’accoglienza dei migranti e per la loro convivenza con i cittadini attraverso la realizzazione di mostre, spazi di coworking, biblioteca e altri servizi. Abbiamo risposto a un bando del ministero che non comporterà l’aumento dei migranti, ma la garanzia di un’accoglienza migliore».
Come va la convivenza?
«Non ci sono mai stati episodi di intolleranza o fastidio e questo lo posso rivendicare come risultato del modo in cui ci siamo approcciati al problema. L’immigrazione è un fenomeno che passa sulle teste degli enti locali, ma crediamo che anziché subirla dobbiamo preoccuparci di gestirla, scegliendo la strada della conciliazione. La nostra città ha una lunga tradizione di accoglienza: se Guardiagrele avesse avuto un porto sarebbe stato aperto».
Cosa pensa di Riace?
«È un modello che ha portato a massimizzare gli effetti positivi della politica di integrazione in una realtà demograficamente piccola, consentendo di offrire lavoro e tenere le scuole aperte. Sono effetti non trascurabili. Condivido questa sensibilità perché abbiamo il dovere di accoglierli. Stiamo per celebrare i 60 anni dalla dichiarazione dei diritti umani e la strada giusta per farlo è tutelare i migranti». (y.g.)